L’assoluzione di Fabio Riva: Taranto e l’ex ILVA ad un crocevia

Sono passati 25 anni da quando il 16 marzo 1995 lo Stato italiano siglò l’accordo con il gruppo Riva, leader italiano dell’acciaio, per la privatizzazione della più grande industria siderurgica europea, l’ILVA di Taranto. Dopo trentacinque anni di gestione pubblica, dal 1960 al 1995, lo stabilimento passò in mani private, con una proposta che fu considerata “più chiara e conveniente”, con un pagamento che si aggirò attorno ai 1820 miliardi ed un piano di investimenti di oltre 500 miliardi.

Sono passati venticinque anni: il gruppo Riva, guidato da Emilio, patron della famiglia e dell’azienda, scomparso nel 2014, ha gestito l’impianto dal 1995 al 25 luglio 2012, giorno in cui si è aperta l’inchiesta “Ambiente svenduto” a seguito dell’emanazione dell’ordinanza di sequestro senza facoltà d’uso di tutti gli impianti dell’area a caldo del sito industriale. L’ipotesi perseguita è stata quella di una vera e propria associazione per delinquere finalizzata a commettere delitti contro la pubblica amministrazione e l’incolumità pubblica a carico degli esponenti della famiglia Riva e del gruppo dirigente.
Dal 2012 la storia dello stabilimento e, di conseguenza, della città di Taranto, è stata fortemente travagliata: l’immobilismo della politica, la questione economica unita a quella lavorativa, la presa di coscienza nazionale delle problematiche ambientali e sanitarie connesse allo stabilimento, la mancanza di un piano industriale e di rilancio a lungo respiro hanno condotto ad una stasi che è durata per anni. Si sono susseguiti proclami politici, si è inasprito lo scontro tra Magistratura e Governo, l’AIA (l’autorizzazione ambientale necessaria allo stabilimento per continuare a produrre) è stata a più riprese rinnovata, l’ILVA è stata commissariata più volte e, infine, il 5 giugno 2017, il Governo Gentiloni ha accettato l’offerta del colosso franco indiano ArcelorMittal per una nuova privatizzazione dell’impianto.
Quella che poteva essere una nuova alba per l’industria e la città jonica, invece, si è dimostrata essere nuovamente un’opportunità sprecata.
Ben lontana dal rappresentare il rilancio economico e sociale sperato, la nuova privatizzazione ha segnato profondamente le dinamiche economico-sociali italiane, portando ad un acceso scontro tra il nuovo Governo a tinte giallo verdi guidato da Giuseppe Conte e la proprietà, rappresentata dall’amministratrice delegata Lucia Morselli. Davanti alle paventate minacce di un possibile recesso del colosso franco indiano dal contratto e alla possibilità di una causa scatenata dalla clausola dello “scudo penale”, prima introdotto e poi cancellato, considerato fondamentale da ArcelorMittal, il nuovo Governo Conte ha accettato di entrare nuovamente all’interno della proprietà dell’ILVA, con un accordo siglato l’11 dicembre, sottoscritto da ArcelorMittal e da Invitalia, società controllata dal Ministero dell’economia e della finanza.
L’accordo prevede un aumento di capitale a inizio febbraio, con i due partners che fino al 2022 avranno quote paritarie, con lo Stato che a inizio 2023 arriverà a controllare il 60% dell’azienda a seguito della nuova capitalizzazione. Il consiglio di amministrazione sarà formato da sei membri, tre a testa: ad Invitalia spetterà la presidenza, ad ArcelorMittal l’amministratore delegato, con la possibile riconferma della dottoressa Morselli.
Adam Smith, considerato tra i padri dell’economia Occidentale, aveva teorizzato l’espressione “mano invisibile” per identificare l’intervento statale nell’economia, teso a riequilibrare le dinamiche sottese al modello capitalista. Lo Stato Italiano ha, in tal senso, perseguito una azione bivalente: da una parte, sancisce come libera l’iniziativa economica privata (art. 41 della Costituzione), dall’altra, ha mantenuto quote minoritarie partecipative in società d’azioni considerate di interesse strategico (si pensi a Leonardo, Eni, Poste, Enel) fino ad arrivare a quote maggioritarie in situazioni di dissesto economico (come nel caso della Banca Monte Paschi di Siena).
Il caso dell’acciaieria exILVA si pone coma via mezzana: nella prima fase, lo Stato, infatti, sarà partner eguale della controparte privata; nella seconda, invece, deterrà l’effettivo controllo della società. Occorre a tal proposito ricordare come il 3 dicembre 2012, con il decreto legge 207/2012, l’ILVA venne dichiarata “stabilimento d’interesse strategico nazionale”, aprendo così, già sotto il Governo Monti, ad un possibile subentro dello Stato, a lungo scongiurato, per non rendere vani gli anni di privatizzazione del gruppo Riva.
A seguito del commissariamento del 2013, la prima strada perseguita fu quella della nuova privatizzazione per scongiurare lo spettro di uno Stato assistenzialista, ipotesi considerata come extrema ratio. Davanti, però, ad una crisi economico-sociale di tale portata come quella che sta investendo la città di Taranto, l’intervento del Governo appare quanto mai inevitabile, se non tardivo, anche per sopperire ad anni di immobilismo politico e carenza di idee.
In questa nuova fase, oltre che maggiore trasparenza, ciò che si chiede è di non sprecare nuovamente investimenti così ingenti e, soprattutto, tempo. L’assenza di progettualità ha aggravato la situazione dell’acciaieria tarantina, con un gap nei confronti dei competitors che ad oggi appare difficile da colmare, ritardo che porta a domandarsi se la strada dell’industria pesante in Italia sia ancora ad oggi percorribile.
Beffardamente nello stesso giorno in cui è stato sottoscritto il nuovo accordo tra Stato e Mittal, nelle aule del Tribunale di Milano, Fabio Riva, figlio di Emilio e uomo di spicco dell’ILVA sino al 2012, è stato assolto dalla Corte d’appello dall’accusa di bancarotta del gruppo siderurgico. Se il processo di Milano, nato come costola di Ambiente svenduto, libera ad oggi dalla responsabilità Fabio Riva, occorre comunque sottolineare come l’inchiesta madre di Taranto, processo ben lontano dal dirsi concluso, vede tuttora esponenti della dirigenza privata ILVA accusati di aver causato e non impedito l’aggravamento della situazione ambientale e di conseguenza sanitaria nei confronti della popolazione tarantina.

 

Simone Spinelli

Trainee Lawyer

Napoletano Ficco&Partner Studio Legale 

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