Sulla Gazzetta Ufficiale del 25 marzo 2020, Serie Generale n. 79, finalmente viene pubblicato il tanto atteso Decreto-Legge che introduce ulteriori “misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19”, già anticipato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, nella tradizionale conferenza stampa del giorno prima.
Ebbene, dopo aver elencato all’art. 1 le misure adottabili per contenere e contrastare i rischi sanitari e il diffondersi del contagio, dopo aver precisato all’art. 4, comma 1 (rubricato “Sanzioni e controlli”) che “salvo che il fatto costituisca reato”, il mancato rispetto delle misure di contenimento è punito con la “sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 400 a 3.000 euro e non si applicano le sanzioni contravvenzionali previste dall’articolo 650 del codice penale o da ogni altra disposizione di legge attributiva di poteri per ragioni di sanità”, il Decreto-Legge, sul finale, prevede il colpo di scena!
Il comma 8 dell’art. 4 del Decreto – cito testualmente – prevede che “Le disposizioni del presente articolo che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative si applicano anche alle violazioni commesse ANTERIORMENTE alla data di entrata in vigore del presente decreto, ma in tali casi le sanzioni amministrative sono applicate nella misura minima ridotta alla metà (…)”.
Il comma 3 del citato articolo chiarisce, peraltro, che “le violazioni sono accertate ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689”.
Ebbene, basti solamente ricordare l’art. 1 della Legge 24 novembre 1981, n. 689 per comprendere l’orrore cui ci troviamo dinanzi con questo Decreto-Legge: cito testualmente, “Nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una Legge che sia entrata in vigore PRIMA della commissione della violazione”. Principio pacificamente riconosciuto nella giurisprudenza amministrativa (su tutti, si veda Cons. di Stato, V, 15 luglio 2013, n. 3847; cfr. Cons. di Stato, V, 11 aprile 2013, n. 1973) ed anche a voler interpretare in maniera restrittiva, come generalmente riconosciuto, l’art. 25 della Costituzione, nel senso che esso si riferisca alle sole norme penali, ciò non toglie che per le sanzioni amministrative debba pur sempre valere il generale canone di irretroattività posto dall’art. 11 disp. prel. cod. civ.
Senza alcun ulteriore commento sul punto, posto che le parole hanno un significato inequivocabilmente chiaro, desta grande imbarazzo per un Avvocato leggere l’elogio funebre del principio di legalità sulla Gazzetta Ufficiale ad opera, peraltro, di un Avvocato e Professore Universitario prestato al Governo.
Ignorantia legis non excusat, dicevano i latini, ma questa è un’altra epoca.
Enrico Napoletano