I molteplici interventi governativi messi in campo dallo Stato per fronteggiare la grave crisi sanitaria dovuta alla diffusione del virus Sars-Cov-2 stanno avendo un’inevitabile ripercussione anche sulle aziende non sanitarie e sulle attività produttive in genere, quelle ovviamente non colpite dal divieto assoluto di prosecuzione imposto dalla decretazione di emergenza. Continuare a portare avanti l’attività per garantire al Paese servizi considerati strategici ed essenziali significa correre il duplice rischio di esporre i lavoratori all’infezione responsabile del Covid-19 e soprattutto, ove ciò malauguratamente si verificasse, essere pronti a dimostrare di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare o quantomeno contenere il rischio di contagio.
Nell’indagine sul contenuto di queste misure, un utile riferimento è rappresentato dal documento elaborato e pubblicato lo scorso 30 Marzo dall’Associazione Italiana degli Igienisti Industriali (AIDII), in collaborazione con il Gruppo di Igiene Ambientale e Occupazionale dell’Università degli Studi dell’Insubria.
Il documento, titolato “Covid-19 – Indicazioni per la tutela della salute dei lavoratori nel contesto dell’emergenza Covid-19″, si rivolge a tutti i Datori di Lavoro e a quelle figure professionali che rivestono ruoli di responsabilità in materia di salute e sicurezza dei lavoratori ai sensi del D. Lgs. n. 81/2008, con l’obiettivo di integrare e meglio specificare quanto già raccomandato dagli enti istituzionali competenti, nazionali e regionali, per la tutela dei lavoratori contro il rischio di contagio.
Il messaggio da leggere tra le righe è la necessità di promuovere a fondo ed in ogni angolo dello stivale la cultura della prevenzione in ambito occupazionale: un concetto che in Italia è ancora ben lontano dall’aver raggiunto standard ottimali e che purtroppo troppi imprenditori – con una buona dose di caparbietà tipica dell’italiano medio – non riescono ad interiorizzare, ritenendolo più semplicisticamente sinonimo di “investimento senza ritorno”.
Eppure mai come oggi, in un contesto sanitario così drammatico per estensione e capillarità, diventa fondamentale pensare al domani ed investire sulle misure di prevenzione messe a disposizioni dall’igiene industriale, non solo per il bene primario della salute dei lavoratori, ma anche come strumento di tutela del business aziendale: se infatti l’emergenza epidemiologica ha già seriamente impattato sulle casse degli imprenditori, ancor più drammatici potrebbero essere gli effetti del verificarsi di malattie professionali dovute ad una scarsa attenzione all’igiene occupazionale all’interno dell’Azienda. E non si parla solamente di sanzioni. La necessità di partire sin da subito con l’attività di igiene industriale – si pensi, ad esempio, alla sanificazione degli ambienti di lavoro – consentirebbe di essere subito operativi una volta che l’esecutivo darà il via libera alla riapertura graduale con l’ingresso nella famosa “fase 2”, evitando di dover ricorrere ad un ulteriore periodo “cuscinetto” per poter adeguare l’assetto organizzativo alle misure cautelative richieste.
Ecco allora che l’AIDII ha individuato una serie di principi generali e regole operative di condotta da adottare per contrastare e contenere i casi di COVID-19 sul posto di lavoro, rivolte tanto alle aziende sanitarie, dove il rischio di esposizione professionale dei lavoratori a Sars-Cov-2 è classificato come “molto elevato” o “alto”, quanto alle aziende non sanitarie e alle attività produttive in genere, ove la probabilità di contagio è “media” o “bassa”, per poi fornire indicazioni sulle modalità di utilizzo delle mascherine medico-chirurgiche e sui Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) delle vie respiratorie.
Presupposto fondamentale per un efficace contenimento del rischio biologico responsabile del Covid-19, indipendentemente dal tipo di attività svolta, è la necessaria collaborazione attiva di tutti i soggetti che operano in azienda (non solo Datore di Lavoro, RSPP e Medico competente, ma anche dipendenti, collaboratori, clienti e fornitori), tra i quali è importante che si stimoli un flusso informativo continuo sui comportamenti da adottare e sul monitoraggio delle misure implementate.
Solo a questo punto, è possibile passare ad operare una differenziazione degli specifici interventi da attuare in base alla classe di rischio stimata: viene affrontato, ad esempio, l’inveterato dilemma – su cui lo Studio è intervenuto di recente – dell’aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR), ritenuto necessario solo per i comparti lavorativi soggetti ad un rischio biologico di tipo professionale “deliberato” o comunque “connaturato” al tipo di attività svolta e solo laddove le misure preventive già adottate all’esito della Valutazione dei Rischi prevista dall’art. 271 del D. Lgs. n. 81/2008 non risultino sufficientemente adeguate contro il rischio biologico da Sars-Cov-2.
Una lettura necessaria, che dimostra come, a dispetto del deficit di determinatezza in cui spesso ci imbattiamo nella costruzione di sistemi di gestione dei rischi professionali, gli strumenti per intervenire, questa volta, ci sono. Chissà che questa volta, la cultura della prevenzione troverà proprio nell’igiene occupazionale il suo banco di prova.
Elena Massignani