Dopo quasi due mesi, l’Italia si sta lentamente avviando verso il 4 Maggio, la data fissata dall’esecutivo per l’inizio della Fase 2 dell’emergenza Coronavirus.
Se pensiamo che questo fatidico giorno darà a tutte le aziende il via libera per riaprire i battenti, realisticamente sarebbe opportuno chiedersi se siamo davvero pronti. E se non lo siamo, sarebbe meglio affrettarsi.
A ripartire, infatti, saranno solo quelle organizzazioni imprenditoriali che in questo periodo di stop forzato avranno fatto tesoro delle strategie di prevenzione caldeggiate dall’igiene industriale e sperimentate nella gestione della prima fase emergenziale ed avranno, quindi, investito nei protocolli di sicurezza.
Per tornare ad essere operativi sarà infatti indispensabile “garantire standard elevati di tutela della salute e della sicurezza dei dipendenti nell’ambiente di lavoro”. Non si parla solo di utilizzo di guanti e mascherine, ma si richiede l’elaborazione di nuovo Modello Organizzativo aziendale di prevenzione, da costruire all’esito di un’attenta valutazione integrata del rischio di contagio in ciascun ambito produttivo.
È quanto reso noto dall’INAIL nelle Linee Guida contenute nel “Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione”, un dossier – attualmente sul tavolo del Consiglio dei Ministri – che, insieme al Protocollo condiviso sulla sicurezza nei luoghi di lavoro del 14 Marzo scorso, deve rappresentare la base da cui partire per elaborare un’efficace strategia di prevenzione in vista della riapertura progressiva del 4 Maggio e che dovrà essere il nostro pane quotidiano nei prossimi mesi di convivenza forzata con l’emergenza sanitaria.
Obiettivo prioritario – da legge tra le righe – è la necessità di traghettare tutta la comunità aziendale, attraverso l’informazione e la formazione, verso una nuova coscienza del rispetto delle regole. Adottare misure, per quanto scrupolose e meticolose, senza formare una comunità di rispetto delle regole che passi dalla rottura del concetto che tanto, presto o tardi, torneremo a fare ciò che vogliamo, secondo il vecchio schema prevenzionistico, significa introdurre meri palliativi, o comunque misure inefficaci
Ciò posto, il documento tecnico, approvato dal Comitato Tecnico Scientifico istituito presso la Protezione Civile, invita tutte le Aziende, al fine di individuare le misure anti-contagio da porre in atto, ad effettuare una valutazione integrata del rischio di contagio da Sars-Cov-2 sul posto di lavoro, da elaborare secondo un’innovativa metodologia che tenga conto di tre variabili di rischio: i) il rischio di esposizione (E) – ossia la probabilità di venire in contatto con fonti di contagio nello svolgimento delle specifiche mansioni (come tipicamente avviene in ambito sanitario); ii) il rischio di prossimità (P) – connesso a quei processi produttivi che non consentono di mantenere un adeguato distanziamento sociale durante la prestazione lavorativa (ad esempio, nelle catene di montaggio); infine, iii) il rischio di aggregazione (A) – ossia la probabilità del personale aziendale di entrare in contatto con soggetti terzi (come avviene, ad esempio, nella ristorazione, nel commercio al dettaglio o nell’attività alberghiera). Il livello di rischio connesso a ciascun ambito produttivo – che può spaziare da “basso”, a “medio-basso”, a “medio-alto” fino ad “alto” – deriva dall’incrocio dei punteggi (da 0 a 4) attribuiti alle due variabili esposizione e prossimità (E x P), corretto in funzione del rischio di aggregazione. Pur trattandosi di un’operazione delicata da effettuare a seconda della specificità dei processi produttivi e delle modalità di organizzazione del lavoro di ogni singola Azienda, per facilitare i singoli imprenditori le Linee Guida, all’Allegato 1, forniscono una tabella esemplificativa delle classi di rischio generalmente connesse ai principiali settori produttivi distinti per Codice ATECO.
I risultati ottenuti dalla matrice di rischio così elaborata andranno a costituire l’infrastruttura sulla quale costruire le misure necessarie ad eliminare o quantomeno minimizzare il rischio di contagio da Sars-Cov-2 nell’ambiente di lavoro, da compendiare – lo avevamo accennato in un nostro articolo precedente – in un aggiornamento al Documento di Valutazione dei Rischi (DVR): misure organizzative, da un lato, e misure di prevenzione e protezione, dall’altro, anche in considerazione di quanto concordato nel Protocollo condiviso stipulato tra Governo e parti sociali il 14 Marzo.
Tra le prime, si segnala la necessità di una rimodulazione degli spazi e delle postazioni di lavoro, che dovranno essere adeguatamente distanziate, ove possibile anche attraverso l’introduzione di barriere separatorie, e di una continua ventilazione degli ambienti. Per gli spazi comuni, si raccomanda una turnazione nella fruizione, scaglionando in diverse fasce orarie l’ingresso e l’uscita dei lavoratori, al fine di ridurre al minimo il contatto sociale. Sarà necessario dotarsi di termoscanner per misurare la temperatura corporea all’ingresso in azienda, vietando l’accesso a dipendenti e clienti ove la temperatura risulti superiore ai 37,5°. Ove possibile, è necessario incentivare forme di lavoro a distanza (il noto “smart working”) ed evitare il più possibile trasferte e riunioni, prediligendo collegamenti da remoto e a distanza.
Quanto alle misure di prevenzione e protezione, andrà garantita la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica di locali e postazioni di lavoro e la disponibilità per tutti di detergenti per l’igiene frequente delle mani; i lavoratori che condividono aree comuni dovranno altresì utilizzare mascherine chirurgiche di protezione. Si richiede inoltre la messa in atto di una politica di informazione e formazione continua nei confronti del personale in relazione alle misure anti-contagio da adottare, affinché tutti siano sensibilizzati sulla corretta percezione del rischio, anche attraverso l’affissione di poster e locandine all’interno dei locali aziendali. Fondamentale, infine, l’attività di sorveglianza sanitaria: si sottolinea, in particolare, il ruolo centrale del Medico competente, sia nella fase di valutazione integrata del rischio di contagio, sia nell’identificazione dei soggetti maggiormente suscettibili e nella valutazione in ordine al reinserimento di coloro che hanno contratto il Sars-Cov-2. Ove non presente, dovrà essere nominato un Medico competente ad hoc per la gestione della fase emergenziale. In relazione ai lavoratori over 55 e a coloro che per patologie pregresse (es. cardiovascolari, respiratorie e dismetaboliche) si ritengono più esposti al rischio di contagio, dev’essere valutata la necessità di attivare una “sorveglianza sanitaria eccezionale”.
Abbiamo da sempre ribadito l’importanza delle campagne di prevenzione e di igiene industriale. Ora è davvero arrivato il momento di intervenire: d’altronde, solo un’onda emotiva così forte potrebbe realmente smuovere la coscienza collettiva e far cambiare testa alle persone per paura di ritrovarsi, in futuro, ad essere un numero nelle statistiche della protezione civile.
Elena Massignani