Le continue evoluzioni normative che si sono susseguite in materia tributaria a partire da settembre 2019 con il D.L. 124/19, il c.d. decreto fiscale, rappresentano ad oggi un duro attacco nei confronti del mondo degli evasori. La novella legislativa non ha coinvolto però soltanto le persone fisiche ma ha, altresì, colpito gli enti, le società e le associazioni prive di personalità giuridica inserendo alcune specifiche figure di delitti tributari nel catalogo dei reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti di cui al d.lgs. n. 231/01.
Le fattispecie normative sulle quali il legislatore è intervenuto sono quelle dettate dal d.lgs. n. 74/2020, pertanto parliamo di delitti in materia di imposte sui redditi e di imposta sul valore aggiunto. L’inasprimento delle sanzioni penali ha comportato da un lato l’elevazione delle cornici edittali di pena e dall’altro la riduzione delle soglie di punibilità. A differenza di quanto stabilito precedentemente, il legislatore ha voluto estendere la causa di non punibilità non più soltanto ai reati di dichiarazione infedele e omessa dichiarazione ma anche ai reati di dichiarazione fraudolenta. Ciò vuol dire che il contribuente, al fine di poter giovare di quanto suddetto, deve provvedere ad estinguere il debito tributario, comprensivo di interessi e sanzioni, mediante ravvedimento operoso. Rappresenta condizione primaria ed essenziale che tale comportamento venga posto in essere prima di aver avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.
Il punto più controverso di questa lotta all’evasione fiscale, in cui diritto penale e diritto tributario si affiancano vicendevolmente, è rappresentato dallo sdoppiamento dello strumento di confisca nei confronti degli evasori. Infatti accanto alla tradizionale confisca, che nel caso di condanna o patteggiamento già colpisce tutti i beni che costituiscono il profitto o il prezzo dell’illecito fiscale, per i più gravi reati tributari sarà applicabile anche una nuova misura, la c.d. confisca per sproporzione o anche denominata “confisca allargata”, disciplinata dall’art. 240-bis c.p., in quanto consentirà di confiscare anche tutti quei beni di cui il condannato non può giustificare la provenienza, avendone la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito o alla propria attività economica. La conferma sul punto arriva direttamente della Guardia di finanza, con circolare 0216816/2020 del primo settembre, avente a oggetto le «modifiche alla disciplina dei reati tributari e della responsabilità amministrativa degli enti».
Quindi non si ricorrerà più alla confisca «tipica» diretta o per equivalente? La risposta è più semplice di quanto si possa pensare, infatti, tra i due strumenti di ablazione non sussiste alcun rapporto di alternatività. La confisca per così dire tipica riguarda un bene che ha un rapporto pertinenziale con il reato, e, ove adottata per equivalente, ha natura tipicamente sanzionatoria mentre la confisca allargata è una misura di sicurezza patrimoniale, sia pure atipica, finalizzata a impedire la commissione di nuovi reati, che vede quale condizione per la sua applicabilità l’ingiustificata sproporzione dei beni rispetto ai redditi del condannato e che risulta applicabile a prescindere da qualsiasi collegamento pertinenziale con il reato che funge da presupposto.
Tali modifiche normative dimostrano come le forme più insidiose di frode ed evasione fiscale sono suscettibili di pregiudicare non solo la sicurezza economico finanziaria del nostro Paese ma anche quella dell’Unione Europea.
A tal proposito con il d.lgs. n. 75/ 2020 è stata recepita in via definitiva la Direttiva (UE) 2017/1371 (cd. Direttiva PIF), la quale detta le norme per la “lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale.
In ambito di responsabilità degli enti sono stati inseriti i delitti di dichiarazione infedele, omessa dichiarazione e indebita compensazione perpetrati ai danni dell’Unione Europea e allo scopo di evadere l’Iva. Tali fattispecie normative si realizzano quando i reati vengono posti in essere in un contesto di frode transfrontaliera e l’evasione dell’imposta sul valore aggiunto ha un valore complessivo non inferiore a 10 milioni di euro. Ultima ma non meno importante novità legislativa sempre in materia di responsabilità amministrativa degli enti è rappresentata dalla punibilità a titolo di tentativo per i reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici e di dichiarazione infedele. Obiettivo del legislatore è, dunque, quello di evitare una duplicazione di pena.
Le novità legislative di cui abbiamo parlato sono il simbolo delle oscillazioni che hanno contraddistinto la storia del diritto penale tributario, questa volta in chiave di irrigidimento, per effetto dell’irrobustirsi del trattamento sanzionatorio.
Possiamo però concludere sfatando il mito che voleva relegare il diritto penale tributario fuori dall’ambito di applicazione del sistema 231, a quasi venti anni di distanza dalla entrata in vigore della disciplina sulla responsabilità amministrativa degli enti con alle spalle una storia di progressivo allargamento del novero dei reati presupposto, da cui i reati tributari erano sempre rimasti estranei.
Margherita Rampolla
HSEQ Consultant, Studio Legale Napoletano Ficco & Partners